Un nuovo approccio offre una maggiore flessibilità nella progettazione dei sensori a nanoporo, aprendo potenzialmente la strada a miglioramenti significativi nelle applicazioni degli stessi per analisi biomediche e ambientali. Questo, in sintesi, il risultato di uno studio pubblicato di recente su Advanced Materials, coordinato da Roma Tor Vergata, che esplora nuovi metodi per migliorare i sensori a nanoporo, dispositivi innovativi per l'analisi di singole molecole come il DNA e le proteine.
I sensori a nanoporo funzionano facendo passare le molecole da analizzare attraverso un piccolo poro delle dimensioni di qualche nanometro (un miliardesimo di metro). Le molecole alterano la corrente elettrica che passa attraverso il poro, il che permette la loro caratterizzazione.
Tipicamente, per migliorare l’accuratezza del sensore, si modifica la sezione più stretta del nanoporo, chiamata gola.
Tuttavia, la gola viene anche spesso modificata per controllare il flusso elettroosmotico, che permette la cattura efficiente di molecole non cariche. Questo rappresenta un forte vincolo nella progettazione, in quanto la stessa regione del poro (la gola) va ottimizzata per due obiettivi diversi: incrementare il flusso elettroosmostico e migliorare l’accuratezza della misura.
A spiegare il superamento di questi ostacoli, Mauro Chinappi, associato di Fluidodinamica presso il Dipartimento di Ingegneria industriale dell’università di Roma Tor Vergata, tra gli autori dello studio: “Nel nostro studio, abbiamo dimostrato che è possibile superare questo vincolo e ottenere intensi flussi elettroosmotici senza alterare la gola del nanoporo. In particolare, utilizzando varie tecniche di simulazione (sia al continuo che atomistica), abbiamo scoperto come è possibile controllare il flusso elettroosmotico aggiungendo cariche esterne alla gola”.
“In ambito biomedico – conclude Chinappi - le nostre scoperte potrebbero contribuire a sviluppare tecniche per l’analisi di biomarcatori e proteine, mentre il rilevamento di molecole inquinanti nelle acque può essere un importante sviluppo in applicazioni ambientali”.
Lo studio, coordinato da Tor Vergata, vede come collaboratori internazionali L’Università di Groningen e quella di Montpellier. I collaboratori nazionali sono GSSI (L’Aquila, prof. Francesco Viola) e Sapienza (dr. Giovanni Di Muccio).
Per Tor Vergata protagonisti due dipartimenti: Ingegneria industriale e Biologia. Hanno partecipato allo studio Matteo Baldelli, primo autore, RTD-A di Roma Tor Vergata e l’articolo è il frutto di ricerche iniziate nel suo dottorato (Ingegneria Industriale) e Blasco Morozzo della Rocca, ricercatore del dipartimento di Biologia
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